Possiamo annunciare che a breve arriverà nelle librerie una nuove pubblicazione, un libro scritto dalla didatta dell’Istituto Emmeci Susanna Cielo, con Anna Rita Manuello e Luca Novara
Gli elementi invisibili della cura.
Malattia Mentale: quello che abbiamo imparato dalla famiglie
a cura di Susanna Cielo, Anna Rita Manuello, Luca Novara
Primalpe
L’epidemia di Covid non ha reso possibile l’attuazione del Progetto Arcipelago, proposto dalla Associazione DI.A.PSI. di Cuneo e programmato per il 2019-2021.
Abbiamo allora pensato con l’Associazione di dedicare il tempo del Progetto alla raccolta di riflessioni e testimonianze di familiari, volontari e operatori nel campo della malattia mentale e di approfondire tematiche connesse alle idee rispetto alle quali è nato il Progetto Arcipelago: l’importanza della Famiglia, del Volontariato, dell’Associazionismo e del Gruppo nella terapia e riabilitazione.
Emerge che una buona cura richiede non solo diagnosi, competenze, corrette tecniche di intervento, ma anche un insieme di altri elementi e dimensioni di cui non si parla abbastanza. Sono elementi apparentemente lontani dalle linee guida organizzative e operative per l’assistenza psichiatrica, ma, secondo noi, fondanti il discorso del “prendersi cura”. Chiamiamo questi aspetti, “elementi invisibili della cura”.
Nella prima parte del lavoro si ricorda come la famiglia ed il volontariato nella storia della psichiatria, soprattutto territoriale e riabilitativa, siano diventati, dalla Legge 180 in poi, protagonisti attivi e risorse preziose nel percorso terapeutico e riabilitativo.
La seconda parte del lavoro, attraverso la testimonianza di chi vive il mondo del disagio psichico e partecipa ai processi di cura, mette in luce e propone riflessioni rispetto agli “elementi invisibili della cura”.
Un sentito ringraziamento alla DI.A.PSI. di Cuneo e di Torino, a tutti i familiari, volontari, pazienti, terapeuti e operatori della Salute Mentale che hanno partecipato e collaborato a questo percorso.

Gli elementi invisibili della cura
Nel lavoro ed impegno quotidiano nel campo della malattia mentale si incontrano ogni giorno questioni complesse che riguardano scienza, ma anche etica, aspetti giuridici, scelte e responsabilità, dimensioni dell’esistenza quali emozioni, relazioni, libertà, malattia e morte.
Pensiamo ad alcune questioni: Il consenso alla cura. Spesso è difficile arrivare al consenso da parte del paziente alle cure, alla “compliance”. Il consenso può essere debole, senza assunzione di decisioni e responsabilità rispetto alla propria situazione, o complicato da complesse relazioni intra familiari, o negato quando la cura è imposta contro la volontà della persona (T.S.O. Trattamento Sanitario Obbligatorio).
La terapia farmacologica. Pensiamo alle difficoltà della famiglia nella somministrazione corretta e continuativa dei farmaci, alla difficoltà degli operatori nella delicata posizione di “alleanza” e “controllo”, quando vi è contraddizione tra le ragioni del paziente e la tutela dell’ordine e della sicurezza della collettività.
Le questioni etiche. Pensiamo a quando il soggetto perde, acutamente e/o progressivamente autonomia nella gestione di sé e nella capacità decisionale.
I Diritti stabiliti nella Costituzione sono, come ricorda Paolo Cendon, che nel 1986 ha redatto il progetto di legge base del provvedimento sull’ Amministrazione di sostegno: diritto alla vita, all’integrità fisica e psichica, alla salute, alla libertà di movimento.
Tutti i giorni, per chi si muove in questo campo, il discorso sui diritti propone vecchie e nuove domande e richiede nuove risposte. Cosa accade quando la persona si trova nella difficoltà di esercitare un suo diritto? Cosa significa muoversi in questi problemi, molto frequenti, rispettando i diritti di tutti?
Rete di terapia, assistenza, supporto. È difficile costruire una rete che veda integrati Servizi, famiglia, altri caregiver per affrontare tutti i problemi che la malattia mentale comporta a livello intra familiare, lavorativo, sociale.
I problemi a casa, in famiglia. È difficile per una famiglia richiedere aiuto per un familiare che comincia a stare male e che non riconosce il proprio malessere. Senza un adeguato progetto terapeutico, un percorso di cura della persona rischia di trasformarsi in una “gabbia”, dietro una protezione apparente. Dopo ricoveri complicati, se non segue terapia adeguata, il paziente si porta a casa solo una “diagnosi” di follia ed una ricetta con la prescrizione dei farmaci.
Pensiamo ad anni di solitudine con terapie e isolamento a casa che trascorrono in una silenziosa cronicità, a cure ambulatoriali e a domicilio, dove la sola terapia è quella di un contenimento farmacologico.
E quante altre domande ancora, da porre e riproporre continuamente che richiedono risposte in ambiti, discipline, competenze diverse. Non poniamo queste questioni per comporre la lista delle criticità e dei loro responsabili, perché sappiamo che lo scenario è troppo complesso, fragile per molti motivi e su più fronti. Quello che chiediamo come operatori, familiari, volontari, caregiver a vario titolo, è come porci di fronte a tale complessità.
La convinzione è che sia importante da una parte attivare un continuo confronto tra tutti gli attori della psichiatria sulle diverse tematiche e dall’altra cercare di evidenziare alcuni elementi, alcuni comportamenti che possano essere garanti di “buona cura”, o almeno la migliore in quella situazione ed in quel momento. È possibile? Spesso pescando nella memoria delle storie di malattia mentale, rimangono in prevalenza le tracce, le cicatrici di storie di dolore, di morte volontaria e involontaria, di abbandono, malasanità, isolamento, solitudini, vergogna, rabbia, paura.
Ma in queste storie possiamo cogliere anche altri aspetti. Sono elementi, dimensioni, che possono sembrare un po’ distanti dalla riflessione clinica e scientifica, magari impliciti in un discorso di cura, ma che insieme hanno costruito e costituiscono un “palinsesto” di buona cura, come porre le fondamenta nella costruzione di una casa, come una cassetta di attrezzi basilari di terapia che richiede manutenzione continua e aggiornata, come avere una bussola che ci indica la direzione giusta per una buona cura.
Sono attrezzi in realtà molto raffinati e che richiedono, per l’utilizzo corretto, una formazione e addestramento tenace, motivato, di testa e cuore.
Se ripensiamo a tante storie ci rendiamo conto che è proprio la presenza evidente di questi elementi/attrezzi di cura che ha resa quella storia positiva, improntata ad una cura che, anche se non ha “guarito” completamente, ha trasformato almeno in parte il dolore e la solitudine in solidarietà, vicinanza, dignità, speranza, condivisione e portato ad un “buon equilibrio”. Sono elementi che chiamiamo, “elementi invisibili della cura”: Occuparsi di dolore, di responsabilità, di cultura, di resilienza, di speranza. Questi elementi sono in relazione fra loro, interconnessi in modo circolare. Spesso occuparsi di uno di essi diventa occuparsi o arricchirsi di un altro. Come ci narrano le testimonianze dei familiari la responsabilità verso un malato può portare a fondare associazioni o gruppi di confronto e di diffusione di cultura rispetto alla malattia mentale.
Cultura e valori (ad esempio spirituali) possono sviluppare resilienza.
Ascolto e condivisione del dolore possono aprire alla speranza.
Dopo le riflessioni teoriche su ciascun elemento sono riportate testimonianze che secondo noi evidenziano la presenza forte, nella storia, dello stesso. In tutte le testimonianze si possono cogliere intrecci dinamici fra più elementi e come essi abbiano concorso nell’evoluzione della situazione
Condividiamo qui l’indice della pubblicazione:
PARTE I
FAMIGLIA E PSICHIATRIA
-Famiglia e malattia mentale nella Storia della Psichiatria
-Supporto alla famiglia nella Psichiatria
-Cultura della famiglia come risorsa
VOLONTARIATO E ASSOCIAZIONISMO
-Terzo Settore, Volontariato, Associazionismo
– Il Volontariato in Psichiatria
PARTE II
1. GLI ELEMENTI INVISIBILI DELLA CURA
2. OCCUPARSI DI DOLORE
Abbiamo strumenti per accogliere ed affrontare il dolore?
Testimonianze che ci parlano del dolore e della sofferenza di malati e famiglie
3.OCCUPARSI DI RESPONSABILITÀ
-Le posture della cura
-Il coraggio
-La misura
-Reciprocità e corresponsabilità
-Testimonianze che indicano una via da percorrere, insieme ad altri
4. OCCUPARSI DI CULTURA
-Testimonianze di chi ha deciso di approfondire la propria conoscenza del problema
5. OCCUPARSI DI RESILIENZA
-Testimonianze di chi investe la propria fiducia nel buon esito del percorso di cura 85
6. OCCUPARSI DI SPERANZA
– Testimonianze conclusive che abbracciano tutti gli “elementi invisibili della cura”, invitandoci ad avere Speranza
-Speranza
BIBLIOGRAFIE E NOTE